Social life: community e pubbliche relazioni digitali
Sembrano lontani, anzi lontanissimi i tempi in cui per stringere rapporti, amicizia e intessere relazioni l’unico modo possibile fosse uscire di casa e andare in strada, nei locali, nelle piazze, nei luoghi di ritrovo.
L’aggregazione è cambiata tantissimo, così come è cambiata la maniera di comunicare.
Quasi tutto si svolge online, l’incontro reale o l’esperienza che viviamo nella vita di tutti i giorni ha sempre un risvolto digitale.
Pensiamo a quando conosciamo una persona: andiamo a berci qualcosa insieme ma probabilmente prima ci abbiamo già parlato attraverso un’applicazione.
Se vogliamo mangiare fuori è ormai scontato leggere prima recensioni e consigli di altri su varie piattaforme, così come se vogliamo andare a vedere un concerto acquistiamo i biglietti online e una volta in location passiamo il tempo a fare selfie e video della performance.
Fa tutto parte dell’evoluzione umana e del comportamento di tutti i giorni che si adatta all’innovazione e alle nuove tecnologie.
Se parliamo di pubbliche relazioni è ovvio oggi dover avere un’identità di tipo digitale, ovvero sapersi presentare online, soprattutto se abbiamo qualcosa da dire, un progetto artistico o creativo.
Rimanendo fedeli alla vecchia e cara tradizione delle frequentazioni reali e fisiche nei luoghi di ritrovo cerchiamo però di fare un pò di luce su quali sono le piattaforme più utilizzate e in cosa differiscono.
I social non sono tutti uguali, hanno funzioni e potenzialità differenti e a seconda di quel che vogliamo comunicare o di ciò che cerchiamo, possiamo capire se fanno o meno al caso nostro.
• Reputazione digitale
Identità e credibilità sono tra le doti principali di una persona, così come di un artista, un musicista o un dj.
La reputazione che ci creiamo è tutto, facciamo attenzione, va maneggiata con cura, specialmente ora in tempi di sovraesposizione.
Ci vuole molto per costruire, basta pochissimo a distruggerla.
Nell’era che viviamo tutto è estremamente veloce: diffondere i propri contenuti e farsi conoscere così come cadere nell’oblio.
Bisogna sempre mantenere il focus sul nostro quotidiano e capire che ciò che avviene online non è la vita reale, anzi sono spesso due cose molto lontane a dispetto di quel che vediamo e che gli utenti ci vogliono “vendere”.
• Una piccola guida per sapere qualcosa di più sul mondo delle community online.
Io sono Edoardo Bonafortuna, docente del corso DJ per Musiclab, autore de “Il Prossimo Disco” e attivo da anni nel campo della comunicazione, ufficio stampa e nella creazione di contenuti digitali.
Buona lettura.
Può sembrare strano partire da qui, in realtà non dovrebbe. LinkedIn è stato infatti il primo social network creato nel lontano 2002.
Padre del progetto un certo signor Reid Hoffmann che ai più di certo non dirà molto, anzi, probabilmente assolutamente nulla ma giusto per intenderci, si tratta di un personaggio che dopo una laurea a Stanford approda in Apple Computers, per poi fondare un nuovo modo per effettuare pagamenti, una cosetta innovativa ma di poco conto chiamata “Paypal”, e che poi si dedica a creare un sito che fungesse da community online per professionisti e che potesse fare da luogo virtuale di incontro e business.
Ancora oggi LinkedIn mantiene la sua mission originaria mettendo al centro il lavoro.
Aziende, lavoratori e risorse umane hanno così una piattaforma grazie alla quale fare rete e crescere. Valido per ogni tipo di professione e per ogni ambiente rimane oggi molto usato anche per trovare nuove opportunità.
I dati confermano una forte crescita negli ultimi anni nel numero di iscritti e in Europa l’Italia è la nazione con l’incremento maggiore.
Dopo il primo in ordine cronologico arriva il primo per numero di utenti e dimensioni globali.
Per quanto sempre in discussione e costantemente sotto attenta analisi da parte di competitor e detrattori Facebook rimane il social network più usato e dalle maggiori potenzialità.
Quasi tutti conoscono la sua storia (è stato prodotto anche un film di successo qualche anno fa), nato nel 2004 da un’idea di un gruppo di giovani universitari tra cui Mark Zuckerberg, ancora oggi a capo dell’azienda dopo aver sistematicamente eliminato tutti i componenti del gruppo di fondatori, il sito voleva essere punto d’incontro per gli studenti di Harvard.
Si espande in tutto il mondo alla velocità della luce e sembra resistere alla prova del tempo.
Deve il suo successo a una serie di fattori anche se una ricetta univoca non sembra possa spiegare questo dominio.
Viene usato da privati e personaggi pubblici, da professionisti, artisti, creativi, aziende, politici, istituzioni e contiene al suo interno un completo spaccato della società civile.
Senza pensare alla quantità di dati accumulati sugli iscritti e al budget pressoché illimitato di cui dispone grazie alle enormi campagne pubblicitari che tutti possono mettere in pratica.
È ormai noto come la promozione si svolga prevalentemente sui social network e anche in questo carrozzone Facebook è capofila.
Rimane molto utile per proporre, condividere e diffondere i propri progetti creativi e le proprie abilità da professionista, così come eventi e iniziative grazie alla trasversalità di media che accoglie sulla piattaforma.
Foto, video, contenuti testuali, link di ogni tipo e molto altro ancora.
A testimonianza del suo potere oggi Facebook non rappresenta più solamente un canale social ma un’azienda di dimensioni enormi che racchiude al suo interno anche Instagram e Whatsapp, praticamente le applicazioni più usate al mondo.
Nato nel 2010 e acquistato due anni dopo da Facebook (che proprio in questi giorni ha annunciato il cambio di nome diventando “Meta”, in riferimento alla galassia di aziende e prodotti che offre, come ad esempio Facebook, Messenger, WhatsApp e appunto Instagram), si tratta del canale social dedicato alle foto.
Non è possibile scaricare gli scatti caricati dagli utenti come ad esempio succede su Facebook, e utilizza un formato di tipo quadrato (1:1).
Molto popolare è l’utilizzo delle “stories”, contenuti che rimangono in rotazione per 24 ore e poi vengono cancellati.
Questa funzionalità era stata introdotta in origine da Snapchat, un canale social che partì bene per poi finire nell’oblio, come molto spesso accade a tutto quell’universo di siti e community che non riescono a ritagliarsi uno spazio di fidelizzazione.
Vedi appunto Snapchat, Periscope o il più recente Clubhouse.
Accanto a foto e stories è molto utilizzato lo strumento IGTV che permette il caricamento di video e le Instagram Reels.
I “reels” sono mini-video che hanno durata variabile da 15 a 30 secondi ai quali è possibile sovrapporre e sincronizzare musica, effetti e molto altro ancora.
Uno strumento estremamente creativo e potente che affianca gli altri esistenti e che permette ad Instagram di essere in diretta competizione con TikTok, che questo tipo di media l’ha creato e presentato per la prima volta.
Nonostante offra meno possibilità viene usato in maniera trasversale anche da artisti, musicisti, produttori e creativi.
YouTube
Impossibile non conoscerlo, si tratta del secondo sito web più visitato al mondo dopo Google che in un certo senso è lo stesso proprietario di YouTube.
Il video in tutte le sue forme secondo molte fonti rimane il media con più impatto sugli utenti che popolano la rete, quello più adatto ad attirare l’attenzione e il miglior mezzo di comunicazione a livello generale.
YouTube nel tempo è diventato per moltissimi anche il principale modo di ascoltare musica, soprattutto quando piattaforme di streaming come Spotify, Apple Music, Tidal o Amazon Music non erano ancora di dominio popolare.
Artisti e creativi di ogni tipo usano questo canale per pubblicare i loro contenuti e cercare un veicolo di popolarità.
Si tratta però di una strada assai ardua dato che YouTube ha introdotto da subito il sistema delle views per ogni video, etichettando così ogni caricamento sulla base di quanto è stato visto, innescando un circolo vizioso e una folle rincorsa alle visualizzazioni.
Dal 2017 esiste anche una versione a pagamento che permette di usufruire di tutto ciò che la piattaforma offre in maniera totalmente libera dalle inserzioni pubblicitarie.
Nato due anni dopo Facebook Twitter ha vissuto momenti di grande popolarità alternati ad altri in cui si parlava in modo praticamente certo di una sua fine imminente.
A distanza di oltre quindici anni il social che “cinguetta” è ancora tra noi e sembra di godere di ottima salute.
Gode del primato nell’uso degli hashtag, anzi si può dire che il loro utilizzo sia nato qui e poi ripreso da altre piattaforme (vedi Instagram o Facebook).
Cos’è un hashtag? Ad esempio #musiclab.
Su Twitter l’uso del cancelletto prima di una parola vuole significare un argomento di dibattito, che in seguito può diventare di tendenza, ovvero discusso da molti utenti.
Digitando nella barra di ricerca il cancelletto e poi un termine possiamo vedere quali altre persone stanno parlando del nostro stesso argomento.
Twitter si proponeva in origine (e lo fa ancora) di diffondere notizie in maniera rapida e di monitorarne discussioni e volume di queste, attraverso il meccanismo del “giornalismo partecipativo”.
Ogni utente ha a disposizione 140 caratteri per scrivere un testo e associarlo a un hashtag per iniziare un dibattito o collegarsi a uno già esistente e di tendenza.
È molto utilizzato da giornalisti, blogger, politici, opinionisti e personaggi dello spettacolo che lo usano come ufficio stampa alternativo, così come è tenuto sotto controllo e stretto monitoraggio dalle principali testate giornalistiche.
Soundcloud
Possiamo definirlo come il social musicale per eccellenza dopo la fine di MySpace.
I più anziani (come chi scrive) ricorderanno bene Tom e i profili di MySpace divenuti in breve tempo dei perfetti sostituti dei siti web di riferimento per band e musicisti, e grazie al quale molte importanti realtà hanno spiccato il volo.
Solo per citarne alcuni e per comprenderne il livello si parla di Arctic Monkeys, Adele, Mika, Lily Allen, The Klaxons, Enter Shikari e molti molti altri.
Nato nel 2007 (quattro anni dopo MySpace) a Stoccolma va in breve tempo a rappresentare la piattaforma principale per condividere e diffondere musica.
Con oltre 175 milioni di utenti mensili in tutto il mondo SoundCloud offre abbonamenti gratuiti e a pagamento, disponibile per desktop e dispositivi mobili e ha influenzato l’industria musicale attraverso il successo di molti artisti, come già successo appunto con MySpace.
Jack Dorsey di Twitter ha deciso di investire in SoundCloud così come fecero molti altri e nonostante ciò la struttura economica del sito è stata per lungo tempo barcollante e ad un passo dal tracollo anche se da qualche tempo sembra aver ritrovato salute e buona linfa.
Da citare è la forte integrazione e presenza nei software per dj, nonché l’avvicinamento al settore della musica elettronica.
In definitiva non è fondamentale per ognuno di questi canali ottenere il primo gradino del podio in termini di iscritti, ma ritagliarsi uno spazio definito e un’utenza fedele attraverso strumenti il più possibile unici che ne caratterizzino l’uso.
È come se in una piazza ci fossero dieci ristoranti e ognuno proponesse lo stesso menù e la stessa carta dei vini: non sarebbero soddisfatti i clienti così come ne soffrirebbe il business stesso.
Per questo motivo è necessario capire qual è il ristorante che preferiamo.
È ancor più importante definire bene prima nella propria testa perché usiamo un canale social, cosa abbiamo da dire e quali sono i nostri obiettivi.
I nostri dati, le nostre preferenze, il nostro profilo, elementi che le aziende comprano dalle community per avere migliori risultati nelle inserzioni pubblicitarie e trovare così un pubblico già “ in target”.
Per questo motivo oggi le promo sono sempre più precise e incalzanti, colpiscono il bersaglio e raggiungono facilmente le cosiddette “buyer personas”, grazie alle informazioni che noi gratuitamente diffondiamo e condividiamo e che poi vengono usate per veicolare messaggi pubblicitari.
Non è un grande complotto ma un ulteriore fattore che ci fa comprendere come ogni volta che cediamo il passo per avere nuova tecnologia cediamo un pezzo della nostra privacy.
Accettare i termini e le condizioni d’uso è come firmare una piccola delega al nostro privato.
Questo almeno è il caso dei social network gratuiti.
Usare si, ma con cautela e se possibile leggere bene il manuale d’istruzioni che male non può fare, basta solo avere un pò di pazienza.
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