Vi siete mai chiesti chi è stato il primo dj moderno? Il primo a mettere due dischi a tempo?
Il primo a fare beatmatching? Insomma il capostipite di tutti i dj?
Non è una storia di cui si parla tanto, eppure ha un’importanza enorme, ha contribuito a cambiare la storia stessa della musica.
Partiamo dalla posizione sulla mappa, voliamo negli USA, più precisamente a New York City. Sembra scontato, forse si pensava a un luogo più insolito, ma se insieme a Londra, Parigi e magari Berlino da sempre New York è considerata una delle città più fertili culturalmente un motivo ci dovrà pur essere.
Ok, siamo geolocalizzati. La questione adesso è: quando?
È passato circa un ventennio, anche qualcosa in più, rispetto alla metà degli anni ’40, gli anni delle prime discoteche parigine.
Siamo nella seconda metà degli anni ’60, più precisamente tra il 1969 ed il 1970.
C’è un ragazzo, poco più che ventenne, di origini italiane, che fa il ballerino e che frequenta alcuni club della città, dove appunto si balla e sono presenti già le figure dei dj a selezionare musica.
Questo ragazzo una sera è chiamato a sostituire un amico, ballerino come lui, che lavorava come dj in un club chiamato Salvation II.
L’amico da sostituire si chiamava Terry Noel, era strafatto e non si presentò al locale per la serata.
Fu sostituito dal nostro eroe che non solo non fece rimpiangere Terry ma si rese protagonista di una performance memorabile, anzi forse della prima vera e propria dj performance.
Stiamo parlando di Francis Grasso, il primo uomo dietro una console a selezionare dischi accostandoli sulla base di velocità e ritmo, e che accostandoli nell’impianto di diffusione creava così una sequenza musicale ininterrotta.
Nasce il beatmatching
Nessuna pausa, nessuno stop, nessun uso del microfono per coprire il vuoto.
Francis Grasso non solo porta la selezione a un altro livello ma introduce anche la manipolazione del disco durante la sua riproduzione, ovvero la capacità di controllare e/o modificare la velocità di rotazione del giradischi.
Da qui viene alla luce il concetto stesso di prestazione per il dj, data dall’unione tra la corretta selezione dei brani e dalle abilità manuali nell’accostarli e mixarli a livello sonoro.
A questo si aggiunge il minuscolo dettaglio che all’epoca non esistevano strumenti per dj, non esistevano nemmeno i dj.
Grasso utilizzava attrezzatura non professionale e che non disponeva di comandi e funzioni che oggi per noi sono scontate, quali ad esempio la trazione diretta ed il pitch control, ovvero un cursore meccanico che velocizza o rallenta l’esecuzione di un brano.
Le funzioni del giradischi per dj e le innovazioni tecniche introdotte dalle industrie saranno poi fondamentali per lo sviluppo e la diffusione della disciplina in tutto il mondo. Ogni cosa a suo tempo, in questo momento non esiste neanche il dj, non possono esistere strumenti per dj.
Le serate newyorchesi sono rivoluzionate, l’impatto è devastante, il coinvolgimento e l’intensità sono a un livello sconosciuto fino a quel momento.
Il passaparola è fulmineo, Francis Grasso inventa e incarna il dj moderno, ed è da questo momento che parte tutto.
Le discoteche, lo Studio 54, la Disco Music, l’hip hop e lo scratch, la House e la Techno, i rave party, i producer, le nuove tecnologie, la dance come fenomeno globale.
Tutto questo, tutto, nato da quel singolo impulso, quel singolo momento in cui due dischi sono stati messo a tempo mentre una folla ballava.
Tecnicamente Francis DJ (era il suo nickname, non ho preso io l’iniziativa) era un mostro, basti pensare che quando ha iniziato non aveva nemmeno un mixer con il preascolto in cuffia, dire che tutto fosse rudimentale e improvvisato probabilmente non rende l’idea.
Alex Rosner, ingegnere newyorchese, creò per Francis Grasso un dispositivo con quelle caratteristiche che ancora oggi troviamo su tutti i dj mixer, come ascolto separato in cuffia, canali stereofonici e ingresso microfonico.
Lo strumento non era commercializzato, ma prodotto in esclusiva per il primo dei dj, lo strumento era il primo dj mixer, per il primo dj: si chiamava Rosie.
Non c’è nulla di romantico dietro al nome, si dice che la scelta provenisse dalla colorazione rossa che era stata data al piccolo marchingegno.
Era un’epoca in cui tutto era improvvisazione, la strumentazione primordiale e i corsi per DJ… molto in là da venire.
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